Accade spesso di assistere a svariati fenomeni dai quali scaturisce come
conseguenza immediata uno sviluppo di calore. è ciò che si
verifica nell'attrito (vedi il caso di una locomotiva in corsa le cui ruote si
arroventano durante l'uso dei freni), nella compressione (un gas compresso
aumenta di temperatura), nella percussione di un corpo qualsiasi (un pezzo di
piombo battuto incessantemente può fondersi). Tutto questo si ottiene a
spese di una certa quantità di lavoro impiegato, così come vuole
il principio della conservazione dell'energia, per cui si viene a realizzare una
trasformazione di lavoro, o energia meccanica, in calore, o
e.t. Ma la
più interessante è quella inversa, come nei motori termici, e tra
questi la macchina a vapore, nella quale il calore fornito dal combustibile
mette un fluido nella condizione di espandersi sotto pressione e quindi di
eseguire un dato lavoro. Lo stesso dicasi per qualunque sforzo fisico compiuto
dall'uomo, che è frutto di una trasformazione di calore sviluppatosi nel
processo di ossidazione degli alimenti assimilati. Assodata l'esistenza della
reversibile conversione del lavoro in calore, bisogna stabilire una relazione
quantitativa tra di essi. A questo quesito risposero i fisici Mayer e Joule, il
primo ricavando da uno studio teorico il valore del rapporto tra lavoro e
calore, l'altro determinandolo attraverso esperienze. Essi avvertirono che nelle
trasformazioni di energia meccaniche in
e.t. il rapporto tra il lavoro
speso L e il lavoro prodotto Q si conserva costante, cioè si ha: L/Q = J;
tale enunciato costituisce il
primo principio della termodinamica o
dell'equivalenza tra lavoro e calore. Al rapporto J si è dato il nome di
equivalente meccanico del calore; esso rappresenta la quantità di
lavoro, espresso in chilogrammi, per produrre una chilocaloria; il suo valore
è: J = 427 kgm/kcal. Si è dato invece il nome di
equivalente
termico del lavoro al rapporto inverso, che rappresenta la quantità
di calore, espressa in chilocalorie, per ottenere un chilogrammetro di lavoro.
Il suo lavoro è:

║
E.t. degli oceani: l'energia producibile sfruttando la differenza di temperatura esistente tra gli
strati marini di profondità e l'acqua di superficie. Nelle regioni
tropicali tale differenza è alquanto notevole: circa 20°C tra la
superficie e una profondità di 500 m. I primi esperimenti in questo campo
risalgono al 1926 quando l'ingegnere francese G. Claude presentò un
modello in scala all'Accademia delle scienze di Parigi. L'acqua di superficie
veniva immessa in una vasca sottoposta ad un notevole grado di vuoto,
sufficiente a portare l'acqua stessa al punto di ebollizione. Il vapore prodotto
veniva condensato per mezzo dell'acqua aspirata dalle zone profonde del mare
che, per la sua temperatura bassa, provvedeva alla refrigerazione del vapore
stesso. Si formava in tal modo una continua corrente di vapore capace di muovere
una turbina collegata a un generatore elettrico. Vari altri esperimenti furono
condotti anche in seguito sia dal Claude sia da altri tecnici. L'ingegner
Nizery, incaricato dal governo francese, progettò una centrale elettrica
a energia oceanica da collocare presso Abidjan (Costa d'Avorio) ma l'idea
è stata in seguito accantonata.